Correva l’anno 1994: due mamme partoriscono in una clinica di Cannes, nel Sud della Francia. Le nuove arrivate sono due femminucce di nome Mathilde e Manon poi messe nella stessa incubatrice, ma senza braccialetto.
Un errore fatale che solo dieci anni dopo, un papà premuroso (o forse un marito geloso) riuscirà a svelare, chiedendo il test del dna perché la sua bambina ha la pelle un po’ troppo scura. Il risultato confermò i sospetti: Manon e Mathilde furono scambiante in culla alla nascita.
Subito dopo aver fatto i conti con la sconcertante scoperta i genitori di Manon si sono subito messi in contatto con i suoi genitori biologici. Dopo dieci anni di procedure giudiziarie e accertamenti, il caso è finalmente arrivato in tribunale. Le due famiglie chiedono all’ospedale milioni di danni. Nessuna delle due ragazze ha mai voluto tornare a vivere con le rispettive famiglie biologiche.
Oggi 10 febbraio 2015, 20 anni dopo lo scambio, finalmente dopo un iter giudiziario durato almeno 10 anni le famiglie vengono risarcite: la clinica condannata a pagare 1,8 milioni di euro. L’errore era stato commesso da un’infermiera con problemi di droga. Entrambe le ragazze però resteranno con i genitori che le hanno cresciute.
Erano andate a casa con le bambine sbagliate, ma soltanto dopo un decennio le mamme di Manon e Mathilde, nate in una clinica di Cannes nel 1994, avevano scoperto il tragico «scambio di culle». E lunedì hanno ottenuto un mega risarcimento: il tribunale di Grasse, nel sud della Francia, ha condannato la clinica a pagare alle due famiglie 1,88 milioni di euro, ovvero 400 mila euro per ognuna delle figlie scambiate, 300 mila euro per ciascuno dei tre genitori coinvolti nel procedimento e 60 mila euro a testa anche per i tre fratelli delle due ragazze ormai ventenni.
La storia
Mathilde e Manon avevano condiviso la stessa incubatrice in clinica, per mancanza di attrezzature sufficienti alle nascite difficili di quel giorno, ma, al momento di venir consegnate alle rispettive mamme, un’infermiera aveva confuso le loro identità: la donna, che secondo i vertici ospedalieri aveva problemi di alcol e depressione, avrebbe scambiato nella nursery i braccialetti di riconoscimento. La verità è emersa soltanto dieci anni dopo quando il padre di Manon ha iniziato ad avere dei dubbi su quella bambina così diversa dal resto della famiglia e ha chiesto il test del Dna, forse dubitando un tradimento. Il verdetto ha confermato che Manon non soltanto non era sua figlia biologica, ma non condivideva neppure il Dna della donna che fino ad allora l’aveva amata e cresciuta come una madre.
I fatti:
4 Luglio 1974: Nascita di Manon Serrano in maternità a Cannes-La-Bocca e nascita contemporanea di Mathilde nella stessa maternità.
Notte 8-9 Luglio: Due piccole ragazze con ittero sono collocati nella culla a UV per guarire, ma le bambine non indossano il braccialetto di identificazione. Il dramma poi si verifica. Da entrambi le parti i genitori hanno dubbi circa l’autenticità dei loro rispettivi figli. Ma il personale della maternità li rassicura.
2002: Il padre di Manon chiede un test di paternità
2004: i risultati dei test del DNA dimostrano che Manon non ha alcun rapporto né con il padre, né con la madre. La coppia lamentava lo scambio colposo di bambine. La traccia di Mathilde si trova. I test crociati dimostrano l’affiliazione tra le due famiglie.
2005: La denuncia è respinta.
2008: France 3 Costa Azzurra racconta prima i fatti.
2010: Le due famiglie si costituiscono civilmente contro la clinica , i medici ed un’assistente infermiera pediatrica.
2 Dicembre 2014: Inizia il vero processo presso il tribunale di Grasse
La conclusione dell’iter giuridico
Gilbert Collard, l’avvocato di una delle due famiglie, ha espresso la sua soddisfazione per la decisione e il sollievo dei suoi clienti nel vedere la responsabilità della clinica riconosciuta. L’alta corte di Grasse ha condannato congiuntamente il Cannes International Clinic (Clinica Jourdan) e il suo assicuratore Hospital Mutual Insurance Company (sham) “a titolo di risarcimento per danni indiretti in violazione di tale obbligo di risultato.”
La clinica e la compagnia di assicurazione dovranno pagare 400.000 € per i bambini scambiati 300.000 € per i tre genitori interessati, e 60.000 per i fratelli e la sorella, nel numero di tre. Sono state tuttavia respinte le rivendicazioni delle famiglie nei confronti dei medici.
Il tribunale ordina la “provvisoria esecuzione parziale delle condanne” per la somma di 100.000 euro per bambina scambiata, di 100.000 € per genitore e di 25.000 euro per ciascuno dei fratelli e la sorella.
Le famiglie avevano chiesto all’inizio di dicembre, in un’udienza civile tenutasi in privato, oltre 12 milioni di euro di danni, una cifra da record.
Contattato da AFP, l’ufficio di Sophie Chas, che rappresenta gli interessi della clinica e dell’assicurazione, ha trovato “una significativa differenza tra ciò che è richiesto e ciò che viene poi assegnato”, pur sottolineando che rimangano tali importi “elevati”.
Si va forse in direzione di un accordo?
L’azienda era in attesa di leggere le motivazioni della decisione del giudice e di fissare un eventuale ricorso, che deve essere presentato entro un mese.
Gilbert Collard, avvocato di una delle famiglie, la famiglia Serrano, si è detto “molto soddisfatto della decisione che è stata presa” e che rimaneva un punto fondamentale “non avendo importanza nella misura della sua applicazione, ma utile per i suoi clienti”.
Collard rivolgendosi alla madre ed alla figlia Serrano: “Sono sollevato dal fatto che la responsabilità della clinica sia stata finalmente riconosciuta.”
Sophie Chas, consigliere legale per la clinica e la sua compagnia di assicurazione, aveva accusato dello scambio di neonati un’infermiera pediatrica ausiliaria riconosciuta “alcolista cronica”.
“Da oggi le compagnie di assicurazione saranno particolarmente esigenti per quanto riguarda il personale e le misure precauzionali adottate dalla clinica”, è stato accolta per una quota richiesta da Collard su France Info.
Lieto fine
«Se è capitato a noi, può capitare anche ad altre coppie. Non auguro a nessuno di vivere un’esperienza del genere», ha commentato Sophie Serrano, mamma di Manon che, assieme ai genitori biologici della ragazza, aveva richiesto un risarcimento di 12 milioni di euro. Nella tragedia, la storia ha comunque un lieto fine. Entrambe le ragazze hanno deciso di restare nelle famiglie in cui sono cresciute, ma hanno intrecciato un forte legame anche con i rispettivi genitori biologici.