Un video propagandistico pubblicato dal sedicente Stato islamico mostra l’ennesimo atto di barbarie degli estremisti, diretto questa volta non alle persone, ma alle opere d’arte: Distruzione di statue e bassorilievi antichissimi risalenti anche a circa 4000 anni fa.
Nel filmato, girato nella città di Mosul, l’antica capitale assira Ninive, un manipolo di uomini si accanisce contro opere d’arte che, se sono attendibili le targhette che vi si trovano accanto, risalgono ad alcuni secoli prima di Cristo, all’apice dello splendore di quella civiltà.
I jihadisti si scagliano soprattutto contro le statue e in generale quelle opere d’arte che hanno forma umana, decapitandole. Alcune scene sembrano girate alla porta di Nergal, che prende il nome da una divinità venerata nell’antica Mesopotamia. I lamassu, uomini-toro scolpiti con un paio d’ali, proteggono il passaggio. Anche queste statue, fa intendere il video, potrebbero essere state decapitate.
Da quello che si sa del gruppo guidato da Al-Baghdadi non tutte le opere d’arte subiscono questa sorte. Altre, presumibilmente quelle più di valore o più piccole e quindi più facili da piazzare, vengono contrabbandate all’estero e rappresentano per il gruppo una grossa fonte di finanziamento.
I danni, secondo l’archeologa irachena Lamia al-Gailani, dell’Institute of Archaelogy, sono incalcolabili. “Non si tratta solo del patrimonio iracheno: si parla del mondo intero”, ha detto alla Reuters, paragonando la gravità dei fatti alla distruzione dei Buddha di Bamiyan che i talebani fecero nel 2001 in Afghanistan.
Di ieri la notizia che, ancora a Mosul, i miliziani avrebbero dato alle fiamme centinaia di libri, tra i quali anche molti testi antichi contenuti nella biblioteca locale.
Sono soltanto una sessantina i chilometri che separano Mosul, dove i miliziani del sedicente Stato islamico hanno fatto scempio di monumenti e libri dell’antica civiltà assira, e Dohuk, dove dallo scorso 25 gennaio gli archeologi dell’Università di Udine, guidati da Daniele Morandi Bonacossi, sono impegnati nella formazione dei membri della Direzione delle antichità per la protezione e valorizzazione del patrimonio culturale del Kurdistan iracheno settentrionale. Pochi chilometri che separano, quindi, il tentativo di recuperare il patrimonio storico locale attraverso il Progetto archeologico regionale Terra di Ninive – PARTeN e la furia distruttiva degli uomini del Califfato islamico, che hanno distrutto oltre tremila reperti custoditi nel museo di Mosul, oggetti dal valore inestimabile che risalgono all’Impero Assiro.
“L’Isis – spiega Morandi Bonacossi – controlla la città di Mosul dalla scorsa estate e temevamo che, prima o poi, sarebbe accaduto qualcosa di simile. Adesso la domanda è cosa succederà agli altri siti archeologici posti nella zona controllata dalle milizie del califfato?”. La missione friulana al Museo archeologico di Dohuk, nell’ambito del Progetto Terra di Ninive, avviato dall’ateneo friulano nel 2012, fino al 20 marzo prossimo proseguirà la prima serie di quattro corsi voluti in accordo con le locali istituzioni per contribuire al potenziamento delle competenze locali nella gestione dei beni archeologici, culturali e naturali, in un momento in cui – come i recentissimi fatti dimostrano – il ricchissimo patrimonio culturale della regione, nel cuore dell’antica Mesopotamia, è gravemente minacciato dall’espansione dello Stato islamico.