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Aggiunto da il 2016-05-18

European Commission: nuova indagine sugli aiuti di Stato, l’Italia risolva i problemi ambientali e recuperi le somme elargite all’Ilva

La Commissione europea ha esteso oggi la sua inchiesta(antritrust sull’Ilva) per valutare se il finanziamento supplementare di 300 milioni di euro concesso dall’Italia al produttore siderurgico Ilva sia in linea con le regole sugli aiuti di Stato. Dopo l’apertura di indagini approfondite su diverse misure a favore dell’Ilva, nel gennaio 2016, la Commissione ha appreso che il prestito è stato concesso all’Ilva nel dicembre 2015. Oltre a continuare la valutazione delle misure precedenti, la Commissione verificherà anche se questo prestito supplementare abbia dato all’Ilva un vantaggio sleale rispetto ai suoi concorrenti, in violazione delle norme comunitarie sugli aiuti di Stato. In parallelo, l’Italia ha avviato un processo di vendita per le attività dell’Ilva, che è in corso. Né la decisione della Commissione di gennaio, né la decisione di oggi impediscono all’Italia di prendere misure urgenti e necessarie per ripulire e contenere l’inquinamento esistente presso il sito Ilva e le zone circostanti, nonché per migliorare la salute pubblica nella zona di Taranto. Nell’attesa che l’Italia recuperi queste somme da chi ha provocato l’inquinamento.

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I veleni dell’ILVA, lo stato davanti alla Corte europea di Strasburgo

STRASBURGO, 17 maggio 2016 – Lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano.
A rivolgersi a Strasburgo sono stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini che vivono a Taranto e nei comuni vicini. Alcuni rappresentano i congiunti deceduti, altri i figli minori malati. Nel ricorso sostengono che “lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri”. I ricorrenti contestano inoltre al governo il fatto di aver autorizzato la continuazione delle attività del polo siderurgico attraverso i cosiddetti decreti ‘salva Ilva’. Nel ricorso i ricorrenti affermano che lo Stato cosi facendo ha violato il loro diritto alla vita, al rispetto della vita privata e familiare e che in Italia non possono beneficiare di alcun rimedio effettivo per vedersi riconoscere queste violazioni. Fonti della Corte specificano che la decisione di comunicare i ricorsi al governo significa che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti visto che solo l’anno scorso i giudici di Strasburgo hanno dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che sosteneva l’esistenza di un nesso tra la sua malattia e le emissioni dell’Ilva.
lntanto al Palazzo di giustizia di Taranto c’è stata la prima udienza del processo per il presunto disastro ambientale causato dall’Ilva. Si torna in aula dopo la regressione del dibattimento all’udienza preliminare a causa di un vizio procedurale e il nuovo rinvio a giudizio decretato dal gup Anna De Simone nei confronti di 44 persone fisiche e tre società. Il processo si celebra nell’aula ‘Emilio Alessandrini’ della Corte d’Assise di Taranto, che stenta a contenere le parti processuali e il pubblico, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Michele Petrangelo (a latere Fulvia Misserini e sei giudici popolari). Alla sbarra ci sono anche i fratelli Fabio e Nicola Riva, della proprietà Ilva (oggi in amministrazione straordinaria), l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, l’ex presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, l’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, gli ex direttori di stabilimento Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato, l’avvocato Francesco Perli (uno dei legali dell’Ilva), l’ex presidente della commissione ministeriale che rilasciò l’autorizzazione integrata ambientale all’Ilva, Dario Ticali e il deputato di Sel (ex assessore regionale) Nicola Fratoianni. Sono previste altre richieste di costituzione di parte civile da parte di famigliari di operai morti di tumore o di cittadini residenti nei quartieri a ridosso del Siderurgico. Emiliano ha salutato il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo e gli altri pm e si è accomodato accanto all’avv. Angelo Loreto, uno dei legali dell’Ilva in amministrazione straordinaria, che oggi potrebbe riproporre istanza di patteggiamento. In aula si è affacciato anche l’ex procuratore di Taranto Franco Sebastio.

Leggi i nostri precedenti articoli:

http://www.globonews.it/chi-paghera-i-debiti-dellilva-di-taranto/
http://www.globonews.it/ilva-taranto-cronologia-del-disastro/
http://www.globonews.it/bersani-e-vendola-sono-responsabili-del-dramma-dellilva-2/