IL SOVRANISMO SOCIALE
e la crisi della sinistra
di Michele Forina
L’economista Jacques Sapir declina il sovranismo in almeno tre forme di cui la prima consiste nel sovranismo sociale. E’ la corrente di pensiero che muove dalla richiesta del popolo sovrano di una crescita e un progresso economico che ridistribuiscano i propri benefici al più gran numero di persone invece che concentrarli in una ristretta élite. Potrebbe rappresentare una forma di nuovo socialismo utile alla lotta di classe. Un sovranismo sociale appunto, contrario all’idea che una certa dose di disuguaglianza sia necessaria a rendere massimo il benessere collettivo: contrario a tutti gli strumenti della globalizzazione finanziaria capitalista che vuole neutralizzare queste pulsioni all’uguaglianza, spostando la generazione di ricchezza lontano dal popolo che ne reclama la condivisione. Un popolo che viene costantemente e progressivamente defraudato di quanto gli spetta. Di fronte alla crisi globale del capitalismo mondializzato i governi o famosi economisti come Sapir vedono bruciare ciò che adoravano (il mercato globale) riabilitando lo Stato che stavano onorando da sempre. Stiamo effettivamente vivendo l’inizio di una “de-globalizzazione”. L’Italia è protagonista come il precursore di questo fenomeno in tutta Europa, avendo il primo governo formato completamente da forze sovraniste. La storia, la politica e le nazioni stanno riguadagnando i loro diritti con il ritorno degli stati una volta impotenti e dei mercati in diminuzione, che avrebbero dovuto essere onniscienti.
Trump con la decisione di imporre dei dazi, rappresenta oggi un tentativo di opporsi alla rallentata crescita economica, con politiche protezionistiche nell’intento, comune agli stati sovrani, di affrontare le questioni redistributive che l’integrazione economica globale comporta. Siamo in condizioni in cui il numero delle persone che si sentono penalizzate dall’apertura alla concorrenza internazionale diventa troppo elevato, in maniera da costituire maggioranza o con diverse minoranze che organizzate insieme possono condizionare l’agenda dei governi. I governi di conseguenza dovranno approvare interventi che rispondano a queste pressioni dal basso (superando le visioni politiche obsolete di destra e sinistra ormai indistinguibili se non facendo leva sul retaggio storico). Quello che non ha realizzato la sinistra italiana cavalcando una globalizzazione proveniente non più dal “basso”, ma semmai ed inspiegabilmente da quella che una volta veniva definita destra, che oggi è “alto” cioè il turbo-capitalismo (come lo definirebbe Diego Fusaro) transnazionale. Tutti i politici vogliono essere rieletti. La sinistra italiana no, masochisticamente essa preferisce difendere il capitale, schierandosi con la globalizzazione piuttosto che difendendo i diritti delle masse storicamente costituenti il suo zoccolo duro. Le misure protezionistiche, dai dazi alle barriere doganali (come difesa delle frontiere dall’invasione), agli standard tecnici diversi (robotizzazione automazione tecnologica del lavoro e l’informatizzazione del personale) al controllo statale delle imprese (misure protettive-partecipative ed anti-delocalizzazione) tutelano le nicchie produttive ed elettorali che richiedono protezione in cambio di voti.
In questi giorni infatti è sintomatica la contromisura europea, ai dazi di Trump, mirata (come un missile intelligente transcontinentale) a colpire i produttori di carte da gioco (unico prodotto, quest’ultimo, con un dazio aggiuntivo limitato al 10 per cento) oltre a jeans, moto, burro d’arachidi, ecc. ci sono cioè i prodotti agricoli di Stati degli USA che nel 2016 avevano votato per Trump, ritenuti tutti obiettivi sensibili oltre che strategici.
Si colpisce o si tenta di colpire l’elettorato di un capo di Stato sovrano, come si favorisce il proprio elettorato per l’ineludibile corsa alle elezioni!
Bella canzone dei partigiani italiani
La casa di carta ′′ Bella ciao ′′