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Aggiunto da il 2015-01-25

I militanti islamici decapitano uno degli ostaggi giapponese, ma offrono uno scambio per il rimanente.
Nel video Goto Jobo afferma che anche lui sarà decapitato se Tokyo non otterrà dalla Giordania la liberazione di Sajda al-Rishawi, donna detenuta ad Amman perché condannata per l’attentato ad un hotel della capitale che nel 2005 causò 38 vittime. In questa maniera l’Isis coinvolge la Giordania di re Abdallah nel ricatto al Giappone. L’ostaggio giapponese ed il pilota giordano Muath al Kaseasbeh, originario della cittadina giordana Karak, entrambi in mano allo Stato Islamico, che l’ISIS scambierebbe in cambio di Sajda al-Rishawi: questo il ricatto dell’ISIS. Che la Giordania stesse trattando per i due ostaggi, anche per conto del Giappone, era già emerso nei giorni scorsi, tanto che ad Amman centinaia di persone hanno manifestato l’altra sera chiedendo al governo di rilasciare la detenuta irachena. Poi le autorità giordane hanno fatto trapelare la disponibilità a procedere con lo scambio di prigionieri per riavere il pilota, senza tuttavia menzionare il reporter giapponese. Come se le due trattative viaggiassero sì parallele, ma separate. Su Twitter, un account legato all’ISIS avrebbe precisato i termini dell’accordo: il rilascio dell’irachena in cambio dell’ostaggio giapponese «è per non uccidere (non per liberare) il pilota giordano».
Un nuovo video apparso su internet mostra l’ostaggio giapponese detenuto dagli jihadisti. Egli dichiara nel video che il suo compagno è stato giustiziato ed aggiunge che lo Stato islamico vorrebbe scambiarlo per la donna kamikaze.

Kenji Goto mostra una foto del corpo decapitato del suo compagno di prigionia, Haruna Yukawa, riporta il sito Intel Group, un’organizzazione che traccia dei reportages e filmati sull’attività online dei terroristi.

Nel suo messaggio, Goto incolpa il primo ministro del Giappone per la morte di Yukawa e dice che lo Stato islamico ora vuole la liberazione di Sajida al-Rishawi, una presunta attentatrice che aveva tentato, con un attentato suicida poi fallito, l’attacco a un hotel in Giordania nel 2005.

Sajida al-Rhisawi

Sajida al-Rhisawi

Sajida al-Rishawi è attualmente in carcere in Giordania. Durante l’attacco suicida nel 2005 ad Amman, la cintura esplosiva non è esplosa e lei è sopravvissuta. Più tardi fu catturata e dopo aver confessato, successivamente ritrattò la sua confessione. È stata condannata a morte nel 2006, ma ricorrendo in appello al tribunale, il caso è attualmente, ancora in fase di appello. Era stata arrestata nel novembre 2005 ad Amman, unica superstite di un quartetto di kamikaze che aveva fatto saltare in aria i saloni dell’hotel Radisson Sas durante un banchetto di nozze ed altri due alberghi: le vittime complessivamente furono 61, tra gli attentatori suicidi morì anche il marito della donna, che invece non era riuscita ad attivare la cintura esplosiva ed era fuggita approfittando del panico generale. Individuata quattro giorni più tardi a Salt, cittadina allora considerata roccaforte islamica 30 chilometri a nord della capitale giordana, fu arrestata e portata in televisione per una sorta di confessione pubblica. Nell’occasione fu mostrato un corpetto esplosivo e Sajida al Rishawi spiegò il funzionamento dell’ordigno e la dinamica dell’attentato che non era riuscita a compiere.
La condanna a morte, da eseguirsi per impiccagione, fu emessa nel settembre 2006 ad Amman dalla Corte di Sicurezza dello Stato che la ritenne colpevole di «atti di terrorismo» e «possesso di armi per fini illegali». Stesse accuse e stessa sentenza per altri sei accusati, processati però in contumacia: un’altra donna irachena (Hyam Ali Hassan) e cinque uomini, di cui uno giordano.
Durante le prime fasi dibattimentali del processo cominciato in aprile, Rishawi aveva parzialmente ritrattato dicendo di essersi sposata solo il giorno prima di entrare in Giordania e di essere arrivata ad Amman per organizzare il suo matrimonio. Non era stata creduta e successivamente aveva ammesso di aver voluto vendicare i suoi tre fratelli uccisi dalle truppe Usa in Iraq.
La difesa aveva anche tentato senza successo la linea dell’instabilità mentale. Della donna non si è parlato più fino al giugno 2007, quando a Gaza l’Esercito dell’Islam (simpatizzante di al Qaida) sequestrò il giornalista della Bbc, Alan Johnston, e per il suo rilascio chiese la scarcerazione di due ideologi di al Qaida e, appunto, della kamikaze mancata. La richiesta fu respinta anche dai palestinesi di Hamas, che con decisione presero le distanze dall’organizzazione terroristica. E fu la stessa Hamas ad ottenere, dopo tre settimane di assedio ai rapitori e snervanti trattative, il rilascio del giornalista britannico, con Sajida al Rishawi che rimase in carcere.

Decapitato ostaggio giapponese» Per l’altro si tratta su filo dei minuti
Un sito Usa raccoglie un video che mostra l’immagine dell’esecuzione del contractor Yukawa. Il giornalista Kenji Goto implora per la sua vita: «Avete due ore per salvarmi»
Una trattativa drammatica per salvare una vita, sul filo dei minuti. L’ultimatum dell’Isis sul pagamento di 200 milioni di dollari per il rilascio dei due ostaggi giapponesi è ormai scaduto. Il contractor Haruna Yukawa (42 anni, rapito a giugno) sarebbe stato ucciso. Il giornalista Kenji Goto (di 47, andato a cercare Yukawa e sparito a settembre) è invece vivo. In Rete è comparso un video, rimbalzato su Youtube e su Twitter ma poi rimosso, che riprende Goto, freelance con esperienze di inviato in posti caldi, mentre mostra la foto del contractor con la testa mozzata, poggiata sul petto. Dopo dubbi iniziali, ora il filmato – inviato anche via mail alla moglie di uno dei due ostaggi, stando a quanto afferma l’agenzia giapponese Kyodo News – pare veritiero. Goto implora per la sua vita presentando le nuove richieste dell’Isis.

Trattativa sul filo dei minuti per salvare Goto
Per liberare Goto ci sarebbe a disposizione pochissimo tempo. Ore, se non minuti. Il premier Shinzo Abe ha assicurato che il Giappone non lascerà nulla di intentato per ottenere il rilascio del freelance di 47 anni . Lo ha detto proprio Abe chiamato direttamente in causa da Goto che aveva avvertito come «entro due ore» – erano circa le 16 e 30 – sarebbe toccato a lui. Abe condanna come «imperdonabile», «oltraggioso» e «inaccettabile» l’atto chiedendo l’immediato rilascio di Goto. E ha aggiunto anche farà «di tutto» per il rilascio.

L’Isis decapita uno dei due ostaggi giapponesi
In un filmato il secondo rapito mostra la foto del compagno di prigionia ucciso e accusa Tokyo: «Eravate stati avvertiti». La vittima era un contractor giapponese.
Gli jihadisti dello Stato Islamico (Isis) decapitano uno degli ostaggi giapponesi catturati, usando l’altro per far conoscere l’avvenuta esecuzione. In un video dell’ISIS postato sul web si vede infatti l’ostaggio Kenji Goto Jogo che, indossando il camice arancione dei condannati a morte, mostra su uno schermo l’immagine della decapitazione di Haruna Yukawa.
Nel video pubblicato lo scorso Martedì, il militante dello Stato islamico minacciò di decapitare i due ostaggi giapponesi se il Giappone non avesse pagato un riscatto di 200.000.000 $ (200 milioni di dollari) entro 72 ore.

I sequestratori jihadisti avevano dato 72 ore di ultimatum al governo di Tokyo per versare un riscatto di 200 milioni di dollari e una volta superata tale scadenza hanno realizzato un video che testimonia la prima esecuzione avvenuta. La vittima era un contractor civile giapponese, nel settore della Difesa, caduto nelle mani di Isis che il reporter Goto Jogo era andato a cercare in Siria, sperando di salvarlo.
La madre dell’ostaggio giapponese: “Per favore, salvate mio figlio”:

In una breve conferenza stampa della madre di Kenji Goto, uno dei due ostaggi giapponesi che i ribelli dello stato islamico hanno minacciato di uccidere. “Non c’è più tempo”, ha detto la donna, “Kenji è andato là per salvare il suo collega, lasciando a casa suo figlio di appena due settimane”. Ma il Giappone non scende a patti, il governo di Tokyo come ha fatto sapere che non verserà alcun riscatto, ma piuttosto investirà i 200 milioni di dollari per la lotta contro l’ISIS, così non tratterà per un eventuale scambio di ostaggi con i terroristi. La linea dura contraddistingue la politica antiterrorismo del Giappone, al contrario dell’Italia che contrappone una politica antiterrorismo decisamente più “elastica”.
(Vedi articolo: http://www.globonews.it/greta-e-vanessa-liberate-sono-stati-pagati-12-milioni-di-dollari/ )

(ANSA) – NEW YORK, 28 GEN – L’Isis ha diffuso nella notte fra mercoledì e giovedì un nuovo audiomessaggio dell’ostaggio giapponese Kenji Goto, in cui si dà tempo alle autorità di Amman fino al tramonto di giovedì 29 gennaio 2015 per liberare la terrorista Sajida al Rishawi e portarla al confine con la Turchia, per scambiarla con il giornalista nipponico. Se questo non avverrà – afferma ancora Goto – sarà ucciso il pilota giordano Muath al Kaseasbeh, anch’egli nelle mani degli jiadisti. Già in mattinata sono quindi circolate notizie, anche queste non confermate, che Rishawi fosse stata effettivamente già rilasciata dalla prigione giordana. Notizie che hanno costretto il ministro degli Esteri di Amman, Nasser Judeh, a smentire tutto, anche lui su Twitter: la Giordania, ha spiegato, ha chiesto all’ISIS la prova che il pilota fosse ancora in vita, ma non l’ha ancora ricevuta. Poco dopo la sua cattura da parte degli jihadisti, il 24 dicembre scorso nei pressi di Raqqa, in Siria, una tv filo-iraniana ne annunciò l’uccisione, e da allora lo Stato Islamico non ha più pubblicato foto, video o notizie su di lui. Sino a quando l’ostaggio giapponese ancora in vita è apparso con una foto del pilota tra le mani, annunciando l’ultimatum di 24 ore dell’ISIS.
Ma è comunque bastata una ridda di voci, un botta e risposta virtuale sui social network, perché a Karak, la cittadina giordana di cui è originario Muath al Kaseasbeh, scoppiasse la festa per la liberazione del pilota-eroe, interpretata erroneamente su alcuni social network come probatoria di una (più presunta che reale) liberazione degli ostaggi.
A Tokyo, invece, la madre di Goto, nell’imminenza dello scadere dell’ultimatum, ha lanciato un ultimo, disperato appello al premier, Shinzo Abe: «Egregio primo ministro – si legge nella lettera – la prego di fare il possibile e col massimo sforzo nel negoziato con il governo giordano. Il tempo rimasto è minimo. Per favore, faccia tutto il possibile». Ore dopo, ancora nulla di certo. E la Casa Bianca, alla richiesta di un commento sul presunto scambio di prigionieri, ha tagliato corto: «La nostra politica è che non paghiamo riscatti».