Attraverso i mancati rinnovi contrattuali agli statali, si pensi che l’ultimo risale al 2008, lo stato italiano ha perpetuato una vera e propria sottrazione di denaro legalizzata, che fino al 2014 ammonta (contando circa 5 miliardi ad anno per 6 anni) a 30 miliardi di euro. Attraverso la super-citata, meravigliosa “spending review”, i vari governi che si sono susseguiti dal 2008 ad oggi non hanno fatto altro che dirottare grandi risorse economiche in favore delle grandi imprese multinazionali, cassa-integrando gli operai ed i dipendenti a spese dello stato Italiano (si pensi solo alle cifre record raggiunte dalla FIAT). Grazie al prelievo dalle tasche degli italiani, particolarmente dei poveri tapini dipendenti pubblici, i governi hanno aiutato le “amiche banche” salvandole dal disastro moltissime volte. Il danno all’economia sta proprio nella forzatura, cioè nel far “continuare ad esistere ciò che in un mercato sano deve invece scomparire perché non più competitivo”. Da qui la stortura: invece di favorire le piccole e medie imprese che costituiscono la vera ossatura del sistema economico Italia (quelle che creano occupazione vera nel paese), si favorisce la multinazionale che espatria all’estero (FIAT) lasciando allo stato italiano solo il peso oneroso dei cassaintegrati. Invece di aumentare il potere d’acquisto dando maggiore slancio ai consumi, proprio attraverso la contrattazione periodica, che supplisce a quella che una volta si chiamava “scala mobile”, aggiornando cioè gli stipendi col rinnovo contrattuale, con i vari “blocchi” si contraggono maggiormente i consumi e conseguentemente si contrae la crescita economica. Cosa facevano e continuano ancora a fare questi governi? Si abbarbicano sempre più su assurde e miopi posizioni di conservazione dello “status quo”, tutto per non cambiare, anche dichiarando di rottamare tutto e tutti, ma di fatto non abbandonando mai il passato fatto di compromessi, sotterfugi, corruzione e “lobbies” (che tradotto in italiano fa semplicemente “mafia”). Il governo Renzi non solo sembra il Letta bis, ma è in realtà pure il Monti tris e il Berlusconi quater: i contratti dei dipendenti dello Stato, fermi al rinnovo 2008-2009, saranno bloccati anche l’anno prossimo e senza alcuna indennità di “vacanza contrattuale” (lo aveva già deciso, fino al 2018, un previdente Enrico Letta). Renzi, insomma, è in perfetta continuità con le politiche di austerità o più correttamente di contrazione della domanda interna, imposte dall’Unione europea ai paesi periferici.
Invece si potrebbe dire che questo è davvero il primo atto del “Jobs act” come lo intendono a Bruxelles e Francoforte: sotto le formule complicate tipo “riallineamento dei salari alla produttività”, c’è infatti un taglio degli stipendi, esattamente quello che i dipendenti del pubblico impiego subiscono dall’anno 2010. Non sono spiccioli : lo dimostrano alcuni facili calcoli fatti dall’Unione sindacale di base (Usb) sui numeri dell’Aran (l’agenzia, attualmente inattiva, che si occupa di contratti pubblici) e dell’Istat. Eccoli: Se si prendono gli stipendi tabellari medi (al netto, cioè, di straordinari ed eventuali premi di risultato) dei dipendenti dei principali settori dello Stato si scopre che un astratto “travet-massa” guadagna 21.405 euro lordi l’anno. Secondo i dati Istat, poi, la variazione media annua dell’indice Ipca (il livello dei prezzi, simile al tasso di inflazione, su cui si calcolano gli aumenti degli stipendi pubblici) tra il 2009 e il 2014 è stato all’ingrosso dell’1,9%. Il danno inflitto agli statali è dunque facilmente calcolabile: chi guadagnava 21.405 euro nel 2009, oggi solo per recuperare l’inflazione e cioè il potere d’acquisto, avrebbe dovuto portare a casa 23.510 euro circa. Tradotto: il blocco degli stipendi ha causato un danno da 2.110 euro allo stipendio medio a fine 2014 (ovviamente, l’anno prossimo sarà ancora peggio). Calcolando gli aumenti non percepiti anno per anno, invece, il conto fa 6.250 euro a testa in cinque anni. Finita? Macché. Ma quando finirà? Spiega Luigi Romagnoli (Usb Pubblico Impiego): “Queste perdite sono irreversibili ed andranno sommate nel tempo fino alla pensione del singolo lavoratore, arrivando a sfiorare i 30.000 euro nel caso l’uscita dal lavoro dovesse avvenire per esempio nel 2024. E i nostri calcoli sono basati sul blocco dei contratti solo fino al 2014”. Moltiplicando i dati singoli per i 3,2 milioni di lavoratori pubblici complessivi il monte complessivo dei mancati guadagni ammonta a circa venti miliardi totali a tutto il 2014. Ma come si sa, il calvario non è finito visto che il governo (dopo averlo smentito in ogni modo) ha annunciato che il congelamento dei contratti continuerà anche l’anno prossimo “perché non ci sono risorse per i rinnovi”. Un voltafaccia che oggi ormai è tecnicamente corretto definire dilettantesco e patetico. Questo voltafaccia “Renziano” sopraggiunge inoltre dopo la farsa vergognosa, falsa elemosina, degli 80 euro “lordi” in busta paga: che non sono mai stati 80, al netto, ma nemmeno sono rimasti la metà di questi, se si considerano le nuove detrazioni contestualmente applicate. Non si conobbero nemmeno mai i beneficiari: fatemi sapere per favore, quanti ne conoscete che abbiano ottenuto questa indegna mancia?
Quando ad aprile scorso i giornali scrissero che gli stipendi pubblici sarebbero stati bloccati anche per i prossimi anni perché così era scritto nel “Documento di economia e finanza”(Def), il governo smentì sdegnato con apposita nota del sottosegretario Angelo Rughetti alla Funzione pubblica, Pd di “rito Renziano”: il Def si scrive a legislazione vigente e quindi non può contenere il rinnovo dei contratti, quello sarà definito nella Finanziaria. Lo scorso 4 settembre, giovedì sera, però, un’apposita velina di palazzo Chigi ha smentito la smentita: “Il blocco degli stipendi pubblici era già nel Def, non c’è niente di nuovo”. Allora, se è vero, tutti dovrebbero sapere che nel Def è previsto il blocco totale fino al 2018, anno in cui vengono stanziati i soldi per la sola indennità di vacanza contrattuale fino al 2020. In una tabella a pagina 31 del Def è quantificato pure il risparmio: altri 21 miliardi e dispari totali nel quadriennio 2015-2018 (circa due e mezzo l’anno). Il governo, come si sa, s’è impegnato a tagliare 20 miliardi di spesa pubblica strutturale nel 2015 e 32 miliardi l’anno dopo: sarà ormai chiaro a tutti che chi non siede al tavolo, è sul menù: roba da cannibali altro che squali! Secondo il ministro Madia, però, uno statale che con straordinari e tutto il resto guadagna 26mila euro l’anno è ricco, quindi deve pagare un po’ perché il momento è difficile: “# bloccocontratti? 80 euro a 1 lavoratore pubblico su 4. Prima chi guadagna meno. Usciamo tutti insieme da crisi #pas – sodopopasso ”, ha scritto su Twitter. Il bonus Irpef, alla fine, è l’alfa e l’omega della visione di questo governo: “Noi – ha spiegato Madia alla Festa del Pd – siamo trasversali ai blocchi sociali ed elettorali tradizionali. L’alleanza è sulle persone. Non sono qui a difendere solo i lavoratori pubblici, sono qui a difendere i lavoratori della Repubblica Italiana”. Ma ancora peggio del ministro dell’economia, il premier Renzi quando ieri, ad un’inaugurazione di un nuovo stabilimento delle Rubinetterie bresciane, afferma: ”Anche nella macchina della pubblica amministrazione alcuni tagli vanno fatti, c’è troppo grasso che cola”.