Il Papa agli ortodossi, ritrovare unità..
“Non vuol dire sottomissione, la Chiesa cattolica non imporrà nulla. Troppi uomini soffrono per la fame”
Una mano tesa dal Pontefice al patriarca Bartolomeo I: «Ristabilire la “piena comunione” tra noi non significa né sottomissione l’uno all’altro né assorbimento»
Nel video del Vaticano qui sopra Papa Francesco frequenta la Divina Liturgia nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio, seguito da una benedizione ecumenica e la firma della Dichiarazione comune.
Oggi un passo della storia è stato scritto con la “dichiarazione comune” firmata solennemente da Papa Francesco e dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, il successore di Pietro e il successore del fratello Andrea, che esprime “il desiderio di continuare a camminare insieme per superare gli ostacoli che ci dividono” e parla di “ecumenismo della sofferenza”, il dolore dei cristiani come esortazione all’unità tra cattolici e ortodossi: «Non abbiamo più il lusso per agire da soli, oggi i persecutori dei cristiani non chiedono a quale Chiesa appartengano le loro vittime”, dice Bartolomeo al Papa». Ma nell’ultimo giorno del viaggio di Francesco in Turchia, soprattutto, c’è il discorso che il pontefice rivolge al Patriarca ortodosso, durante la “divina liturgia” celebrata nella chiesa di San Giorgio per la festa di Sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli.
La comunione con le Chiese ortodosse
La ricomposizione dello scisma millenario, compiuto nel 1054, dipenderà essenzialmente da un accordo sul modo di considerare il “primato” del vescovo di Roma su tutte le Chiese. E la parole rassicuranti di Francesco sono una mano tesa rivolta all’intero mondo ortodosso: ristabilire la “piena comunione” tra i cattolici e gli altri cristiani “non significa né sottomissione l’uno all’altro né assorbimento”, spiega. «Voglio assicurare a ciascuno di voi che, per giungere alla meta sospirata della piena unita, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e dell’esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze». Così il Papa sillaba: «L’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come vescovo di Roma, è la comunione con le Chiese ortodosse». Francesco ripete la stessa frase di Sant’Ignazio di Antiochia, un padre della Chiesa indivisa dei primi secoli, che aveva citato dalla Loggia delle Benedizioni appena eletto e che ieri ha ricordato lo stesso Bartolomeo: Roma “presiede nella carità” tutte le chiese. Non un primato di potere, fa capire il Papa citando un documento del Concilio, “Unitatis redintegratio”: «Con quel Decreto la Chiesa cattolica si afferma che per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani d’Oriente e d’Occidente è di somma importanza conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio delle Chiese d’Oriente, non solo per quello che riguarda le tradizioni liturgiche e spirituali, ma anche le discipline canoniche, sancite dai santi padri e dai concili, che regolano la vita di tali Chiese».
«Tre voci che chiedono unità»
Francesco elenca tre “voci” che nel mondo di oggi chiamano i cristiani all’unità, a cominciare dal grido dei poveri: «Nel mondo, ci sono troppe donne e troppi uomini che soffrono per grave malnutrizione, per la crescente disoccupazione, per l’alta percentuale di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale, che può indurre ad attività criminali e perfino al reclutamento di terroristi». Realtà che «ci chiedono di lottare, alla luce del Vangelo, contro le cause strutturali della povertà: la disuguaglianza, la mancanza di un lavoro degno, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi». La seconda “voce” è quella delle vittime di conflitti: «Questa voce la sentiamo risuonare molto bene da qui, perché alcune nazioni vicine sono segnate da una guerra atroce e disumana. Turbare la pace di un popolo, commettere o consentire ogni genere di violenza, specialmente su persone deboli e indifese, è un peccato gravissimo contro Dio, perché significa non rispettare l’immagine di Dio che è nell’uomo»: e qui, a braccio, Bergoglio ricorda anche “il disumano e insensato attentato” nella moschea di Kano in Nigeria, rivendicato dai fanatici islamisti di Boko Haram. Infine, conclude Francesco, ci sono i giovani: «Sono proprio loro – penso ad esempio alle moltitudini di giovani ortodossi, cattolici e protestanti che si incontrano nei raduni internazionali organizzati dalla comunità di Taizé– che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione. E ciò non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre, sono capaci di cogliere l’essenziale che già ci unisce».
Bartolomeo: «Siete araldo dell’amore»
Le parole che Bartolomeo rivolge al Papa sono altrettanto importanti: «Santità, il vostro ancora breve cammino alla guida della Vostra Chiesa, vi ha consacrato nella coscienza dei nostri contemporanei araldo dell’amore, della pace e della riconciliazione. Insegnate con i vostri discorsi, ma soprattutto e principalmente con la semplicità, l’umiltà e l’amore verso tutti, per i quali esercitate il Vostro alto ufficio. Ispirate fiducia agli increduli, speranza ai disperati, attesa a quanti attendono una Chiesa amorevole verso tutti», dice. «Tra le altre cose, offrite ai vostri fratelli Ortodossi, la speranza che durante il Vostro tempo, l’avvicinamento delle nostre due grandi antiche Chiese continuerà a edificarsi sulle solide fondamenta della nostra comune tradizione, la quale da sempre rispettava e riconosceva nel corpo della Chiesa un primato di amore, di onore e di servizio, nel quadro della sinodalità». Nella “dichiarazione comune”, Francesco e Bartolomeo scrivono che “non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente senza i cristiani, che lì hanno professato il nome di Gesù per duemila anni”, riconosce “l’importanza anche della promozione di un dialogo costruttivo con l’Islam, basato sul mutuo rispetto e sull’amicizia”, e ricorda tutti i popoli che soffrono a causa della guerra” fino a scrivere: «In particolare, preghiamo per la pace in Ucraina, un Paese con un’antica tradizione cristiana, e facciamo appello alle parti coinvolte nel conflitto a ricercare il cammino del dialogo e del rispetto del diritto internazionale per mettere fine al conflitto e permettere a tutti gli Ucraini di vivere in armonia». Prima di assistere alla liturgia nella chiesa del patriarcato, Francesco ha incontrato il gran rabbino di Turchia, Isak Haleva, guida religiosa della seconda comunità ebraica (25 mila persone) in un Paese islamico dopo l’Iran, un “dialogo cordialissimo in spagnolo”. Prima di ripartire per Roma, incontrerà i giovani dell’oratorio salesiano e un gruppo di profughi dalla Siria.