DUE PROFILI A CONFRONTO
ANTONIO MEGALIZZI – CHERIF CHEKATT
IL TRAGICO BEFFARDO DESTINO DI UN GIOVANE 29enne ITALIANO DI BUONA FAMIGLIA, STUDENTE ALL’ESTERO E PROMETTENTE GIORNALISTA “NEOLIBERISTA GLOBALISTA”, UCCISO DA UN ALTRO GIOVANE 29enne “ATTENTATORE-KILLER” (CON PASSAPORTO FRANCESE) DISOCCUPATO, PREGIUDICATO, EX CARCERATO, DISADATTATO, MUSULMANO, INTEGRALISTA ISLAMICO DI ORIGINI MAROCCHINE “TERMINATO” DAI CORPI SPECIALI FRANCESI.
Antonio Megalizzi il promettente giornalista italiano europeista
MEGALIZZI, IL GIOVANE GIORNALISTA ITALIANO UCCISO
Antonio Megalizzi è di Trento, città di forti studi e collegamenti con quelli europei, università, progetti Erasmus, impegno intellettuale europeo. Aveva 29 anni. Era a Strasburgo per il progetto Europhonica. Europeista convinto, giudicato da tutti un ottimo professionista era fidanzato con Luana da quattro anni. Antonio e Luana si sono conosciuti ad una festa e poi, grazie ai tanti interessi in comune, non si sono più lasciati. «Antonio era veramente un bravo ragazzo, non fumava, non beveva, era preparato, durante le discussioni non usciva mai dal solco della correttezza e del rispetto delle persone. Con mia figlia Luana facevano una coppia perfetta», racconta ancora Moresco, che ha raggiunto a Strasburgo i genitori di Antonio, Domenico e Annamaria, la sorella Federica e appunto Luana. I quattro erano partiti in macchina verso le 23.30 di martedì, dopo che a casa Megalizzi, in via Segantini a Trento, era arrivata la telefonata della Farnesina. Anche i vicini di casa, che conoscono la famiglia da oltre trent’anni, sono increduli e non si danno pace. Domenico, ferroviere, è arrivato a Trento da Reggio Calabria nel 1985, ricorda Giacinto Competiello: «Un paio di anni dopo Mimmo si è sposato con Annamaria e nel maggio 1989 è nato Antonio e poi Federica, sorella di Antonio, da poco laureata». L’intera famiglia Megalizzi – fa sapere l’Arcidiocesi di Trento – è molto attiva nella comunità di Cristo Re. La mamma Annamaria, in particolare, è catechista parrocchiale. Andrea Fracasso, direttore della Scuola di Studi internazionali, ricorda Antonio come «un europeista convinto e un giovane tenace, una persona motivata e curiosa, un appassionato di Unione europea e di europeismo». (Vedi profilo FB: https://www.facebook.com/antonio.megalizzi.1)
Con lui nell’attentato c’erano due colleghe, poi rifugiatesi in un bar, una è di Trento (Caterina, la maga d’Alessandria) l’altra è veneta (Clara, come la luce) ed erano residenti a Parigi. Antonio era fautore dell’Europa, ed era impegnato al Parlamento Europeo per il progetto di radio Europhonica. Studiava al corso di laurea magistrale MEIS – Studi europei e internazionali della Scuola di Studi internazionali (SSI) dell’Università di Trento. A Strasburgo era arrivato il 9 per seguire l’assemblea plenaria dell’Europarlamento; sempre per conto dell’università internazionali trentina, un master sulle istituzioni europee. E il progetto radio rientrava in questo. Quando si è visto che era stato colpito proprio questo giovane, europeo ecc.., ha fatto pensare che l’avessero preparato apposta per sparare lui, seguendo i suoi movimenti. Un’intervista ad un prof della sua università di Trento parla di “fiore reciso”, a simbolo della Unione Europea.
Cherif Chekatt l’attentatore di Strasburgo
CHI ERA CHERIF CHEKATT
L’attentatore di Strasburgo
L’uomo aveva già subito 27 condanne per reati comuni in tre diversi Paesi. In carcere si era radicalizzato ed era stato segnalato
La radicalizzazione in carcere
Chekatt, 29 anni, di origine nordafricana ma nato e cresciuto a Strasburgo, era giovanissimo ma aveva già subito 27 condanne per reati comuni, la gran parte delle quali in Francia, ma anche in Germania e Svizzera. Nel 2012 il giovane si era introdotto in uno studio di un dentista a Mainz, portando via denaro e oro usato per le otturazioni. Quattro anni più tardi aveva rapinato una farmacia a Engen. Chekatt era stato detenuto in Germania per poco più di un anno prima di essere espulso in Francia. E durante un suo soggiorno in un carcere francese, tra il 2013 e il 2015, era stato segnalato alla Direzione generale della sicurezza interna (Dgsi) per la radicalizzazione della sua pratica religiosa ed il suo proselitismo, quindi schedato come ‘fiche S’, il codice di pericolosità elevato, individuo pericoloso per la sicurezza dello Stato.
Cherif Chékatt aveva già subito 27 condanne per reati comuni, la gran parte delle quali in Francia, ma anche in Germania e Svizzera
Da sempre disoccupato, figlio di una famiglia di origini marocchine – oggi padre, madre e due dei suoi fratelli sono in stato di fermo per lo stesso motivo – aveva più di un parente che almeno simpatizzava con gli ambienti islamici radicali. Per questo, dopo la scarcerazione, Cherif veniva seguito “in modo piuttosto attento”, come aveva riferito il vice ministro dell’Interno, Laurent Nunez, precisando che “l’uomo incitava alla pratica della religione in una forma radicale, ma nulla permetteva di rilevare un passaggio all’azione nella vita quotidiana”. Un profilo ‘ibrido’ in realtà, così era stato alla fine classificato l’uomo che martedì 11 dicembre aveva sparato contro la folla al mercatino di Natale della città francese, uccidendo tre persone quasi subito e ferendone 13 di cui due gravissime, decedute successivamente facendo salire a cinque il totale delle vittime. Antonio Megalizzi è morto il 14 dicembre. Invece il 16 dicembre è morto nel pomeriggio, secondo quanto appreso da Le Monde, Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, detto Bartek, rimasto per qualche giorno in coma profondo. Barto, strasburghese, anch’egli giornalista, era amico di Antonio Megalizzi, lo ospitava quando veniva a Strasburgo ed era vicino a lui quando il terrorista Cherif Chékatt ha sparato colpendo anche lui alla testa. Chékatt infatti gli aveva puntato la pistola alla fronte ed aveva fatto fuoco.
Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, detto Bartek, rimasto per qualche giorno in coma profondo, è morto il 16 dicembre
“L’ho fatto per i morti in Siria”
Da martedì era iniziata la caccia a quest’uomo che aveva agito come un terrorista, gridando prima dell’attacco più volte “Allahu Akbar” e durante l’azione. Azione che proprio in serata è stata rivendicata dall’Isis che su Amaq, organo di propaganda aveva scritto: Cherif è un nostro soldato.
Strana la pistola revolver utilizzata da Cherif, una MAS d’ordinanza, calibro 8 MM modello 1892. Un ferro vecchio, se consideriamo cosa potrebbero avere in mano dei terroristi dell’Isis. Chi deve fare una strage o un attentato terroristico, sceglierebbe piuttosto una più moderna arma semiautomatica, con più caricatori da almeno 15 colpi, senza preoccuparsi di dover raccogliere i proiettili che saltano per terra. Quest’arma a tamburo infatti è munita di un cilindro da 6 proiettili con una ricarica piuttosto laboriosa, soprattutto di notte e se si va di fretta. Cherif Chékatt ha dovuto ricaricare l’arma almeno 5 volte dopo aver espulso manualmente i bossoli a terra, che non ha dovuto nemmeno recuperare, data la mancanza della matricola dell’arma e della registrazione della stessa. Non ha molto senso.
Il revolver Modello 1892 (noto anche come “Lebel revolver” e “St. Etienne 8mm”) è un revolver francese di servizio prodotto dalla Manifattura d’armate di Saint-Étienne in sostituzione del revolver MAS 1873 . Era l’arma standard per gli ufficiali dell’esercito francese durante la prima guerra mondiale .
Il revolver Modèle 1892 è un revolver a telaio solido con il cilindro su un telaio separato che si muove verso destra per ricaricare manualmente. La Modèle 1892 fu messa in campo per la prima volta nel 1893 ed ebbe un ruolo di spicco tra gli ufficiali militari francesi durante la prima guerra mondiale e in seguito la polizia francese fino alla metà degli anni ’60.
Una pistola meccanica e molto ben rifinita, la Modèle 1892 spara proiettili da 8 mm con una potenza impressionante equivalente a quella di un tondo ACP 32 . Presenta inoltre un calibro più piccolo rispetto a molti altri revolver militari di quel periodo, tra cui il revolver Webley e il suo predecessore, il revolver MAS 1873 .
Abdelkrim Chékatt, il padre di Cherif Chékatt, anche lui bloccato per il fondamentalismo religioso spiega: “Non ero sicuro che fosse mio figlio, avevo dei dubbi, sono venuto alla stazione di polizia per chiedere, se avessero trovato Cherif, di avvisarmi così avrei provato a convincerlo ad arrendersi. Sarei andato da lui dicendo “non sparare, sono tuo padre e l’avrei persuaso ad arrendersi”.
Secondo il padre, Cherif Chékatt aderì alle idee dell’organizzazione dello Stato Islamico (IS). Cherif gli aveva detto, ad esempio, che “Daesh sta combattendo per una giusta causa”, assicurando di aver cercato di aprire gli occhi sull’ IS.
Gli ho detto: ” Daesh cadrà, non ascoltare cosa dicono, si vedono le atrocità che commettono, le decapitazioni, le persone bruciate vive”. – “Gli ho sempre detto che sono criminali”- aggiunge Abdelkrim.
Secondo lui, Cherif ha risposto “Non è vero, non sono loro a fare delle atrocità, sono gli altri che le commettono, non sono loro gli assassini.”
“Gli ho sempre detto che sono dei criminali”, ribadisce l’uomo.
Il padre poi va in un appartamento adiacente. C’è la sua ex moglie, la madre di Cherif Chekatt, che dice di essere rimasta “scioccata” quando ha saputo che suo figlio era l’autore dell’attacco. Dice che non voleva crederci fosse suo figlio l’attentatore. “Sono rimasta scioccata e ho pensato che stavo per morire, per mio figlio e le persone che sono morte, sono rimasta scioccata per tutti. “
Il killer, dopo la sparatoria, aveva preso un taxi per recarsi dal centro della città al quartiere Neudorf. “Al tassista Cherif Chékatt ha detto di avere ucciso 10 persone”, ma si era già diffusa immediatamente la notizia dell’attentato. Poi, una sorta di spiegazione fatta allo stesso tassista: “L’ho fatto per vendicare i fratelli morti in Siria”.
“Si tratta di un criminale comune poi radicalizzato”, aveva detto il ministro dell’Interno francese, Christophe Castener, descrivendolo.
Il Viminale in Italia aveva escluso i collegamenti con l’Italia di Chékatt. In una riunione del C.a.s.a. erano state analizzate le informazioni provenienti dagli uffici antiterrorismo francesi, incrociandole con quelle in possesso delle forze di polizia e dell’intelligence italiane.
“La custodia dei quattro membri della famiglia di Cherif Chékatt è stata revocata il giorno stesso della cattura in assenza di elementi incriminanti in questa fase”, ha detto il procuratore.
Altre tre persone nelle immediate vicinanze dell’assassino sono state ancora ascoltate e poste in custodia dagli investigatori anti-terrorismo ancora impegnati in questo momento.
All’inizio la caccia al fuggitivo, la sera dell’attentato nella notte tra Martedì e Mercoledì, il padre e la madre di Cherif Chékatt e due dei suoi fratelli erano stati posti in stato di detenzione domiciliare preventiva, alcuni di loro si erano presentati spontaneamente alle autorità.
Un altro membro del suo entourage è stato a sua volta in custodia cautelare mercoledì e altri due parenti nella notte tra giovedì e venerdì, dopo la morte dell’assassino, ucciso dalla polizia nel distretto di Neudorf, nello stesso luogo dove le sue tracce erano state perse.
“Le indagini continueranno ora ad identificare potenziali complici o co-autori che potrebbero aver aiutato o incoraggiato nella preparazione del suo passaggio all’azione”, ha detto il procuratore della Repubblica di Parigi, Remy Heitz. Gli investigatori cercano anche di sapere se l’aggressore è stato in grado di ricevere supporto logistico durante la sua fuga.
Cherif Chekatt è stato ucciso giovedì sera, 48 ore dopo l’attentato, nel distretto di Neudorf, in rue Lazaret, 74. “Poco prima delle 21, agenti di polizia della BST (brigata di territorio specializzata) identificano un uomo il cui rapporto potrebbe corrispondere a Cherif Chekatt. L’uomo finge di aprire la serratura di una residenza senza riuscirci. Gli agenti di polizia prendono la strada nella direzione opposta, apostrofano l’uomo che allora si gira e spara nella loro direzione..”, secondo la storia del procuratore di Parigi Remy Heitz.
Un proiettile raggiunge la macchina della polizia sopra la porta posteriore sinistra. La polizia – 2 uomini ed una donna – non esitano a rispondere al fuoco “per molte volte” ed uccidono Cherif Chekatt. L’uomo crolla sul marciapiede di fronte alla porta di una sua precedente abitazione. Sono le 21:05
Il terrorista portava il vecchio revolver MAS 1892 con tamburo contenente “6 cartucce di cui 5 erano state già esplose”, un coltello e otto altre munizioni di calibro 8 mm nella tasca interna del suo giaccone. Era infagottato in un piumino con un cappuccio di pelliccia. Cherif Chekatt è morto qui da solo, per strada come aveva sempre vissuto.
Cherif Chékatt, criminale di sesso maschile di 29 anni, che viene classificato S (massimo livello per la pubblica sicurezza dello stato) ma soprattutto per la radicalizzazione islamista, è ufficialmente morto. L’attacco terroristico, che ha lasciato cinque morti e diversi feriti, è stato rivendicato dal gruppo Daesh dello Stato islamico. Questa rivendicazione è stata successivamente contestata dalle autorità francesi che hanno definito la rivendicazione di Daesh come una rivendicazione “opportunistica”.
Cherif Chekkat, 29 anni, non era un terrorista, ma “Un bambino perduto”
Dopo l’uccisione del presunto terrorista, la scena della solita rappresentazione a cui ci siamo inspiegabilmente abituati ad assistere, si chiude in modo ingiustamente cinico, quasi liberatorio, come su di un palcoscenico alla fine di un’opera massmediatica, con l’applauso del pubblico alle forze speciali francesi che hanno ucciso Cherif. Nessuno ascolterà la sua versione dei fatti, nessuno percepirà il disagio, l’esclusione, la non integrazione, l’emarginazione, la confusione, l’odio e nessuno capirà nemmeno il perché. Siamo nel cuore dell’Europa, quella stessa Europa celebrata, idealizzata e sognata da Antonio Megalizzi, ma disprezzata, contestata, criticata, odiata e maledetta da Cherif Chekkat : in Europa qualcosa evidentemente non funziona!
Un ami d’enfance témoigne: “Chérif Chekkat, ne le mettez pas vousdans la case terroriste, c’était un enfant perdu”
“Non classificate Cherif come un terrorista, era semmai un bambino perduto”
“Un bambino perduto”. È così che Cherif Chekkat, ucciso dalla polizia, viene descritto da uno dei suoi amici d’infanzia.
Per diversi anni, il giovane ha lavorato con Cherif Chekatt. “Conosco Cherif da quando ero bambino, sono cresciuto a Neudorf (un quartiere di Strasburgo), abbiamo visto Cherif ad intermittenza, di tanto in tanto era lì”, dice. Prima di aggiungere: “Chérif era solo un giovane disorientato, immagina, in classe 6^, un insegnante era spaventato da lui, e la sua carriera era già stata tracciata”. Nato a Strasburgo e classificato “S” (“sicurezza dello stato”) per la sua radicalizzazione islamista, Cherif Chekatt, 29 anni, ha un pesante record giudiziario con 27 condanne. L’aggressore ha 67 precedenti penali, comprese condanne in Francia, Germania e Svizzera per reati comuni contro il patrimonio. È stato elencato nel file di segnalazione “terrorismo e prevenzione” dell’antiterrorismo francese (FSPRT) ed è stato seguito dall’ISB. “Era solo, ha sempre rotto, sfasciato, distrutto qualsiasi cosa!” commenta l’amico d’infanzia di Cherif. Il giorno dell’attacco, il ragazzo che vuole rimanere anonimo è stato fermato dai gendarmi come parte interessata nell’indagine. Dopo l’attacco al mercatino natalizio di Strasburgo martedì sera, Chérif Chekkat è stato ucciso dalla polizia, con appena due giorni di “fuga”, giovedì intorno alle 21:00, all’ingresso di un edificio nello stesso quartiere di Neudorf, dove erano state “perse” le sue tracce dopo l’attacco.
“UN ATTO DI FOLLIA”
Secondo uno dei suoi amici d’infanzia, Cherif Chekatt non può essere descritto come un “terrorista”. Questo sembra affermare che Chérif Chekatt non era realmente responsabile delle sue azioni e che anche lui è in una posizione di “vittima”. Le sue azioni, tuttavia, hanno causato la morte di cinque persone.
“Quando cresciamo in una prigione, incontriamo solo assassini, persone che hanno ucciso persone, fatto del male, non siamo più consapevoli del mondo reale (…) Cherif era un bambino povero, era sempre FUORI, aveva problemi familiari, ma era fondamentalmente una brava persona “,dice il giovane . Prima di concludere: “Ha avuto un atto di follia. Quando eravamo a scuola, se ho avuto un qualsiasi problema, Cherif mi ha sempre difeso, era lì presente, era come un fratello maggiore. Non va messo nella scatola dei terroristi, era solo un povero bambino perduto. “
Antonio Megalizzi e Cherif Chekatt
Due ragazzi, due coetanei, appartenenti a due mondi, due realtà completamente diverse, con problemi e storie diverse, oggi sono morti. La morte, il destino o il disegno di qualcuno ha voluto che si incrociassero drammaticamente in quello stesso momento e nello stesso posto, come due treni in rotta di collisione. Quanti ragazzi come loro moriranno ancora? In nome di chi, di cosa e di quali falsi ideali? Tutto ciò, non si poteva evitare?
Ma le indagini continuano… il sipario non si è ancora chiuso!