Nel video qui sopra, un operaio cattura con la sua videocamera, il crollo di un intero cantiere finanziato dal governo cinese
Quello che i consumatori cinesi vogliono ora è il “Made by China”
Akio Toyoda ha solo la Cina nella sua mente:
Martedì scorso, il giorno in cui ha annunciato nuovi utili da record, il presidente di Toyota Motors ha avvertito di un forte rallentamento nel più grande mercato del mondo, riecheggiando le preoccupazioni già manifestate da BMW.
Ma un altro tipo di sviluppo in Cina potrebbe significare guai ancora di più grandi per le case automobilistiche a livello mondiale: per esempio la nuova produzione, sotto forma di prodotto nazionale, di una sosia della Land Rover alla modica cifra di 21.700 $.
Un SUV recante una somiglianza straordinaria con il modello Evoque, con l’intento di colpire il mercato ad un terzo del prezzo dell’originale, sta già infatti raccogliendo migliaia di preordini.
La Jaguar Land Rover Ralf Speth ha inveito per l’aumento dei “copia e incolla” ad opera dell’industria automobilistica cinese. Ma lamentarsi è tutto ciò che il capo dell’esecutivo e dei suoi colleghi può fare: la Cina continua a sfornare sempre più cloni di automobili, elettronica, elettrodomestici e vestiti originariamente progettati in altri paesi.
L’opinione prevalente nei consigli di amministrazione da New York a Francoforte a Tokyo è stata a lungo che la Cina, che sta coniando nuovi milionari al tasso più veloce che si sia mai registrato nella storia dell’umanità, con la creazione di una classe media di massa (cioè molto più numerosa che altrove), sarà facile preda per i marchi affermati con esperienza di contraffazione-riproduzione merci per un mercato di consumatori con reddito più alto.
I nuovi ricchi cinesi continentali più ottengono in termini di reddito, più vorranno, da queste multinazionali presunte, Burberry nell’armadio, Rolex al polso, e magari una Lexus parcheggiata fuori sul vialetto della propria villa.
Ciò che questi capitani d’industria non riescono ad anticipare è la propensione dei consumatori della Cina continentale per le etichette che recano il “Made by China” (se non il “Made in China”). L’esperto analista Thomas Gatley di GaveKal Dragonomics afferma in un nuovo rapporto, che le multinazionali potrebbero aver già perso i consumatori cinesi nel momento in cui hanno pensato che stavano per abboccare.
“Ora ci sono segnali che le aziende locali cinesi stanno catturando gran parte dei guadagni da questa nuova fase del cambiamento della tipologia della spesa dei consumatori cinesi stessi – uno sviluppo preoccupante quello per le multinazionali mondiali di dover contare sulla crescita economica della Cina”, trova Gatley.
Il mercato dei veicoli è emblematico e sintomatico della nuova tendenza. Molti dei nuovi ricchi della Cina aspirano a possedere un SUV, che dovrebbe essere una grande notizia per le Toyota, Daimler e Ford del mondo.
Ma nelle prime fasi del boom dei SUV della Cina, le società che fiorirono erano i produttori stranieri con joint ventures locali.
Le aziende produttrici di SUV hanno incrementato le vendite di oltre il 70% nel solo 2013.
Tiguan di Shanghai Volkswagen, per esempio, rimane il secondo più venduto SUV sulla terraferma. Società nazionali stanno cominciando a recuperare il ritardo. Nel primo semestre di quest’anno, le vendite di SUV a marchio cinese è aumentato di circa il 30% contro il 12% per i marchi stranieri.
Si può discutere sul perché i consumatori del continente stanno affollando le richieste rivolte a nomi come Great Wall Motors, JAC Motors, Changan Automobile Group e Landwind (creatore del sosia Land Rover). Il valore? La familiarità? Istinti nazionalisti? Probabilmente c’è una risposta unica, proprio come avviene con molti americani che comprano solo auto di fabbricazione americana.
“Una cosa ancora più sorprendente, è che le marche nazionali sembrano aver guadagnato quote di mercato senza tagliare i loro margini all’osso in un rovinoso gioco al guadagno-zero”, dice Gatley. “Se la Cina aziendale ha infatti decifrato il codice di offrire il giusto mix di stile, qualità e prezzo, i dirigenti multinazionali come Akio Toyoda sono ormai dentro il mercato per almeno un decennio con margini di guadagno irregolari.”
Ci sono altri settori che presentano tal punto di non ritorno? Recenti dati di vendita della Shisedo in Giappone e dell’anglo-olandese Unilever, confermano le conclusioni di un rapporto Bain datato 1 luglio 2015 che “marchi locali hanno guadagnato quote rispetto ai concorrenti stranieri per il terzo anno di fila.”
Gli amministratori delegati di diversi colossi multinazionali, sono abbastanza abili quando pubblicizzando la Cina la descrivono come un potenziale scenario di conquista agli azionisti: 1,3 miliardi di persone che vogliono vivere come gli americani e di giorno in giorno sono sempre più ricchi e più astuti. Ma se le aziende cinesi locali ripetono il successo dei produttori di SUV nazionali in altri settori, gli amministratori delegati dei colossi internazionali avranno seri problemi da risolvere. Essi dovranno anche rimodellare rapidamente le proprie strategie di business.
Le incursioni rapide fatte in Cina dai produttori di smartphone domestici come Xiaomi, per esempio, suggeriscono un vero pericolo anticipato per i marchi internazionali. C’è il rischio reale che l’emergere dei consumatori cinesi e delle loro preferenze, sarà più di una storia locale ma piuttosto una tendenza globale. Le società estere che li danno quali consumatori scontati lo fanno a loro rischio e pericolo.