Così parla Dean Parker:
“Gli assassini dell’ISIS si congratulavano reciprocamente subito dopo l’esecuzione di un ostaggio americano, quasi fosse un festeggiamento celebrativo nel quale ribadivano mimandole le loro vili gesta.”
Il nativo della Florida ha raccontato di aver seguito ‘la chiamata di Dio’, quando si è unito ai combattenti curdi nel nord della Siria per combattere lo Stato islamico (ISIS). Egli è una delle decine di occidentali che sono venuti nella regione per combattere contro il gruppo terroristico.
Dean Parker, 49 anni, era un istruttore di surf in Costa Rica con nessuna esperienza di combattimento, prima di unirsi ai combattenti curdi, quando ha visto le immagini strazianti dei profughi yazidi, in fuga al Monte Sinjar prima dell’ assalto dell’IS lo scorso autunno. “Sono stato sopraffatto dalle emozioni! Dopo aver visto un bambino rifugiato con uno sguardo di puro terrore negli occhi”. Dean ha deciso di arruolarsi con la milizia curda per combattere l’IS nel nord della Siria.
Parker ha finito per unirsi ai Lions di Rojava, una unità di volontari stranieri collegati al curdo Protection Unit del Popolo (YPG). Notoriamente indipendente, l’YPG ha iniziato il reclutamento sui social media nel mese di ottobre 2014, quando appunto è stata creata la pagina Facebook dei Lions di Rojava.
“Invia i terroristi all’inferno e salva l’umanità” proclama la pagina, chiedendo delle donazioni a scopo di beneficenza a favore di una associazione curda con sede in Germania e dei volontari per la lotta contro l’IS. I Lions di Rojava hanno attratto un flusso costante di volontari occidentali.
I curdi sono per “una dura lotta e la lotta forte” ma “stanno combattendo questa guerra contro Da’ash, non solo per la Siria”, ha detto Parker nell’intervista, utilizzando il nome arabo per lo Stato islamico. Ha spiegato Parker tornando alla campagna per gli aiuti ai curdi in armi e forniture.
Anche se i combattenti curdi non hanno armi pesanti, stivali e forniture mediche, anche elementari, hanno comunque difeso con successo la città di Kobani dagli attacchi IS e stanno tenendo su tutta la linea. “Stanno facendo tutto questo grande combattimento … con così poco”, ha detto Parker. “Hanno adesso bisogno di aiuto su tutta la linea.”
Parker ha ricordato un’esperienza particolarmente straziante, quando gli è capitato di osservare i combattenti dello Stato Islamico abusare per poi uccidere un prigioniero. Ha descritto la sua “pelle chiara”, mentre i combattenti IS facevano sfilare il prigioniero prima davanti alle posizioni curde, per poi picchiarlo a sangue ed infine ucciderlo. “Dopo pochi minuti continuavano a gettarlo in giro come se fosse un grosso gatto (ragdoll), uno di loro ha poi afferrato il ragazzo per la parte posteriore della sua camicia, tirandolo fuori dal gruppo, e gli ha tagliato la gola.” Dopo di che, “erano tutti presi a congratularsi fra di loro, agitandosi ed imprecando verso di noi.”
Parker ha investito tutto quello che aveva per andare in Siria, e tornare – ma invece di tornare a casa sua in Colorado, ha deciso di recarsi a Washington e cercare aiuto per i suoi nuovi amici curdi. “Devo loro almeno questo” ha detto.
“Decine” di combattenti stranieri provenienti dall’Europa e dall’America hanno aderito con la milizia curda nella lotta contro l’IS. Nel frattempo, il Dipartimento di Stato ha stimato che circa 20.000 stranieri hanno affollato le fila del gruppo terroristico, di cui almeno 3.000 occidentali.
In un report indipendente addirittura si stima siano 20.000 gli stranieri che si sono uniti all’ISIS in Iraq e Siria.
Tuttavia, Sean McFate, professore di Foreign Service della Georgetown University e autore di “I Mercenari moderni: eserciti privati e il loro significato per l’ordine mondiale”, ha detto che non è solo la gente come Parker che sta lottando contro i terroristi, è anche forte la dipendenza dell’America dai cosidetti “contractor” privati definiti meglio come “mercenari”.
Definendoli “appaltatori militari”, i contractor, sono “meno costosi e più efficienti” rispetto alle forze militari effettive americane, McFate ha sottolineato inoltre che questi forniscono al governo americano la “negazione plausibile”, poiché non contano come “stivali sul terreno” (forze di uno stato straniero dispiegate sul terreno di uno stato sovrano) e possono essere utilizzati in missioni rischiose, per evitare la questione politicamente problematica di dover far vedere e giustificare di fronte all’opinione pubblica, il fatto che i soldati americani tornino a casa nei sacchi di plastica. “Il pubblico americano invece non sembra preoccuparsi più di tanto dei mercenari morti”, ha aggiunto.